Se il primo passo per trovare lavoro è quello che prevede di compilare il curriculum, è essenziale fare in modo che non vi siano errori né mancanze in questo documento: purtroppo, però, i curriculum italiani sono spesso un ricettacolo di errori e di distrazioni che non possono che determinare un cattivo esito. Lo sbaglio più comune ha a che fare con la lingua italiana: i curriculum accolgono errori di grammatica e strafalcioni decisamente inaccettabili. Accenti sbagliati, acca mancanti, punteggiatura casuale: tanti elementi che contribuiscono a dare una sensazione di sciatteria e di mancanza di attenzione. Non proprio le doti che un datore di lavoro cerca in un candidato.
Un altro degli errori più diffusi è quello che viene commesso da chi adopera un linguaggio troppo informale. Spesso, inoltre, si copiano dei modelli trovati su Internet che non garantiscono una resa ottimale. Ancora, uno sbaglio frequente consiste nel dilungarsi in maniera eccessiva: “allungare il brodo” per elencare le proprie esperienze e le proprie capacità può avere un effetto controproducente. Non ci si deve mai dimenticare che gli addetti alle risorse umane che ricevono curriculum ne hanno molti da leggere, e quindi devono poter consultarli con rapidità. C’è chi, invece, è sin troppo prolisso, e pensa che curriculum di sei o sette pagine siano un buon viatico per fare una buona impressione.
Può sembrare strano dirlo, ma un errore molto comune nei curriculum italiani è quello di chi mente: di chi, cioè, millanta di avere capacità di cui in realtà non dispone, o di essere stato protagonista di esperienze che non ha mai compiuto. Le informazioni false sono da evitare, a maggior ragione nell’era di Internet: se fino a una quindicina di anni fa si poteva sperare di farla franca, oggi è tutto verificabile nel giro di pochi secondi con una ricerca sul web. Se si scrive nel curriculum qualcosa di non veritiero, il rischio di essere scoperti è molto elevato.
Tra gli errori più diffusi c’è la mancanza di professionalità nella realizzazione del curriculum. Tale caratteristica, in realtà, si può palesare in molti modi diversi: per esempio, inserendo il proprio indirizzo di posta elettronica anche se ha un nome strambo e poco adatto a un ambiente di lavoro. Non c’è nulla di male a usare la stessa e-mail di quando si era 14enni, ma forse ciambellina@libero.it o bomber@hotmail.com sono poco adatti a un contesto professionale: eppure c’è chi non si rende conto dell’esigenza, in casi come questi, di creare un indirizzo ad hoc.
Infine, ultimo ma non meno deprecabile sbaglio che viene commesso con una certa frequenza da chi invia curriculum ai datori di lavoro è quello di chi scrive informazioni non richieste e non necessarie relative alla propria vita privata: gli hobby, le occupazioni svolte nel tempo libero, lo stato civile. In molti modelli di curriculum, in effetti, si richiede di inserire tali dati, ma è sbagliato farli conoscere a chiunque: nel caso in cui il datore di lavoro fosse interessato a sapere qualcosa in proposito lo chiederà e lo verificherà in sede di colloquio.